giovedì 23 gennaio 2014

asse intestino cervello nelle patologie

Paolo Mainardi

La fisica insegna che nei sistemi complessi le relazioni tra le parti generano nuove proprietà, non riconducibili a quelle delle singole parti. Anche se il corpo umano è sicuramente un sistema complesso, tale approccio della fisica dei sistemi complessi non è stato molto applicato alla medicina, che, con approccio botanico, ha suddiviso il corpo in una sommatoria di organi avulsi tra loro.
Eppure una evidenza banale del collegamento intestino-cervello è quella nutrizionale. Alcuni dei neurotrasmettitori, molecole essenziali per il funzionamento del cervello, derivano da ammino acidi essenziali, ovvero che derivano solo dalla demolizione delle proteine della dieta. Per esempio, la serotonina cerebrale viene sintetizzata a partire dall’ammino acido triptofano, la dopamina, la noradrenalina, e l’adrenalina dalla tirosina, mentre, invece, dalla decarbossilazione della istidina si ottiene l’istammina che viene captata dal cervello. I processi di decarbossilazione sono affidati al microbiota intestinale e una flora disbiotica decarbossila eccessivamente anche il triptofano e la tirosina, riducendo la loro captazione cerebrale e, quindi, la sintesi dei diversi neurotrasmettitori. Inoltre questi ammino acidi competono tutti per la stessa porta di accesso cerebrale, quindi la capacità di essere captati dipende da loro rapporto di concentrazione. Così una maggiore decarbossilazione del triptofano avvantaggia la captazione della tirosina. Questa disbiosi del triptofano  è fondamentale per la nostra sopravvivenza: in caso di pericolo si riduce la captazione di triptofano, quindi la sintesi cerebrale di serotonina. Questo ci rende ansiosi, ma l’ansia è una risposta positiva agli agenti stressogeni, in quanto la riduzione del triptofano avvantaggia la captazione della tirosina, quindi diventiamo più abili, dopamina, più furbi, noradrenalina, più forti, adrenalina, quindi maggiormente capaci di affrontare un pericolo. La risposta in fase acuta ad un agente stressogeno (APR: acute phase reaction) è una risposta positiva, ma se questa disbiosi diventa cronica, ovvero l’intestino, come una molla snervata, non riesce a ripristinare le condizioni iniziali, allora si cade nella Chronic Phase Reaction (CPR) che è stata definita la “madre di tutte le patologie”(1). Questa fragilità viene acquisita in quanto il triptofano controlla, anche, la sintesi cerebrale di NPY(2), un neuropeptide che controlla i processi di neurogenesi e sinaptogenesi, quindi la capacità del cervello di auto-riparsi.(3) Il triptofano controlla, anche, la risposta immunitaria, risposta che nelle donne deve ridursi ciclicamente per evitare un attacco anticorpale ad un eventuale feto.(4) La corrispondente diminuzione di serotonina porta alla ben nota sindrome pre-mestruale. L’intestino della donna è quindi costretto ad un lavoro maggiore di quello dell’uomo, può più facilmente snervarsi. Quindi il livello di triptofano può non ritornare ai livelli normali, riducendo l’NPY cerebrale, quindi la plasticità del sistema nervoso centrale. Non solo, il triptofano controlla, anche, la morte per apoptosi cellulare.(5) La nostra sopravvivenza si è basata principalmente sulla capacità di riparare i danni che l’ambiente continuamente ci procura. Per esempio siamo capaci di riparare il DNA danneggiato, direttamente o indirettamente, tramite i noti radicali liberi, dalle radiazioni. Abbiamo affidato questo compito al microbiota intestinale, esercito 10 volte più numeroso di noi. Esso genera molecole “sartine” capaci di individuare i danni del DNA e ripararlo.(6) Se questa azione non avviene, viene allora indotta la degenerazione cellulare per permettere una rapida individuazione del problema e consentire agli anticorpi di eliminare, per  apoptosi, le cellule degenerate.(7) Oggi le terapie anti-tumorali si basano sul controllo della degenerazione, ma, forse, sarebbe più utile ripristinare il fucile dell’apoptosi.
La produzione linfocitaria avviene in modo causale, produciamo anticorpi contro il nulla, contro noi stessi e contro reali nemici. Poi, nel processo di maturazione, li testiamo e scartiamo quelli sbagliati, che sono il 97% della produzione. Li eliminiamo inducendo la loro morte per apoptosi. Soprattutto in soggetti con elevata permeabilità intestinale, ovvero con una elevata produzione di anticorpi, una diminuita capacità ad eliminare quelli sbagliati porta ad un maggior numero di auto-anticorpi. Quindi la maggiore incidenza di patologie autoimmuni nelle donne non è dovuta ad una maggiore propensione del loro sistema immunitario a “impazzire”, ma ad una ridotta capacità di ripulire la produzione anticorpale da quelli, normalmente, prodotti contro noi stessi.
Nonostante le elevate conoscenze, oggi l’intestino viene considerato come un sistema postale, svizzero, capace di far arrivare ciò che vogliamo dove vogliamo. Esempio, la melatonina nel cervello, gli ammino acidi ramificati nei muscoli, il collagene nelle articolazioni. Gli stessi nuovi farmaci, che saranno assunti oralmente, vengono studiati iniettandoli in vena o peritoneo di animali, i loro meccanismi d’azione valutati su cellule isolate, dove mettiamo per una singola cellula, una quantità di farmaco notevolmente superiore a quella che sappiamo arrivare in tutto quel tessuto, quando somministrata oralmente.
Eppure sappiamo come l’intestino sia complesso, capace di reagire agli stimoli/nutrienti e attivare complesse risposte endogene. Recenti lavori mostrano come l’infiammazione tissutale sia la causa di diverse patologie, dai tumori e quelle neurologiche e comportamentali. L’infiammazione cerebrale è riportata essere la causa patogenetica, non un fattore predisponente, di epilessia,(8) depressione, sclerosi multipla, Parkinson,  Alzheimer,(9) autismo,(10) … L’infiammazione degli organi sessuali è riportata essere la causa di disfunzioni. Riazi dimostra come una infiammazione intestinale possa migrare su altri organi. (11, 12)  Quindi ridurre una infiammazione intestinale, anche con una “semplice” dieta, può ridurre sintomi di patologie apparentemente distanti tra loro.(13, 14, 15, 16, 17)
Il prendere in considerazione gli assi comunicativi del sistema complesso del corpo umano, mette in evidenza come le malattie non siano tanto dovute alla esposizione a nuovi agenti patogeni, quanto alla diminuita capacità di riparare i danni che questi, continuamente, ci arrecano.
I processi endogeni di auto-riparazione partono principalmente dall’intestino, mantenerlo efficiente rappresenta la maggiore forma di prevenzione.


Riferimenti:
1.    Stig Bengmark, Acute and ‘‘chronic’’ phase reaction - a  mother of disease. Clinical Nutrition (2004) 23, 1256–1266
2.    Heuther G, Hajak G, Reimer A, Poeggeler B, Blömer M, Rodenbeck A, Rüther E. The metabolic fate of infused L-tryptophan in men: possible clinical implications of the accumulation of circulating tryptophan and tryptophan metabolites. Psychopharmacology (Berl). 1992;109(4):422-32.
3.    Benarroch EE. Neuropeptide Y: its multiple effects in the CNS and potential clinical significance. Neurology. 2009 Mar 17;72(11):1016-20.
4.    Carretti, et al. Serum fluctuations of total and free tryptophan levels during the menstrual cycle are related to gonadotrophins and reflect brain serotonin utilization Hum. Reprod. (June 2005) 20 (6): 1548-1553 
5.    McGaha TL, Huang L, Lemos H, Metz R, Mautino M, Prendergast GC, Mellor AL.Amino acid catabolism: a pivotal regulator of innate and adaptive immunity. Immunol Rev. 2012 Sep;249(1):135-57
6.    Cunningham RP. DNA repair: how yeast repairs radical damage. Curr Biol. 1996 Oct 1;6(10):1230-3
7.    McGaha TL, Huang L, Lemos H, Metz R, Mautino M, Prendergast GC, Mellor AL.Amino acid catabolism: a pivotal regulator of innate and adaptive immunity. Immunol Rev. 2012 Sep;249(1):135-57
8.    Vezzani A, Balosso S, Ravizza T. Inflammation and epilepsy. Handb Clin Neurol. 2012;107:163-75.
9.    Lima IV, Bastos LF, Limborço-Filho M, Fiebich BL, de Oliveira AC. Role of prostaglandins in neuroinflammatory and neurodegenerative diseases. Mediators Inflamm. 2012;2012:946813
10.  Donev R and Thome J. Inflammation: good or bad for ADHD. ADHD Atten Def Hyp Disorder. 2010; 2: 257-266
11.  Galic MA, Riazi K, Pittman QJ. Cytokines and brain excitability. Front Neuroendocrinol. 2012 Jan;33(1):116-25.
12.  Riazi K, Galic MA, Pittman QJ. Contributions of peripheral inflammation to seizure susceptibility: cytokines and brain excitability. Epilepsy Res. 2010 Mar;89(1):34-42.
13.  Mainardi P, Albano C. Is the antiepileptic effect of the ketogenic diet due to ketones? Med Hypotheses. 2008;70(3):536-9
14.  Mainardi P, Leonardi A, Albano C. Potentiation of brain serotonin activity may inhibit seizures, especially in drug-resistant epilepsy. Med Hypotheses.2008;70(4):876-9.
15.  Citraro R, Scicchitano F, De Fazio S, Raggio R, Mainardi P, Perucca E, De Sarro G, Russo E. Preclinical activity profile of α-lactoalbumin, a whey protein rich in tryptophan, in rodent models of seizures and epilepsy. Epilepsy Res. 2011 Jun;95(1-2):60-9.
16.  Errichiello L, Pezzella M, Santulli L, Striano S, Zara F, Minetti C, Mainardi P, Striano P. A proof-of-concept trial of the whey protein alfa-lactalbumin in chronic cortical myoclonus. Mov Disord. 2011 Dec;26(14):2573-5.

17.  Russo E, Scicchitano F, Citraro R, Aiello R, Camastra C, Mainardi P, Chimirri S, Perucca E, Donato G, De Sarro G. Protective activity of α-lactoalbumin (ALAC),a whey protein rich in tryptophan, in rodent models of epileptogenesis. Neuroscience. 2012 Dec 13;226:282-8.

venerdì 25 ottobre 2013

be4eat a Vicenza con il prof. Campbell

domani sarò ospite del prof. Campbell a Vicenza in occasione dell'evento be4eat (www.be4eat.com). In tale occasione sarà presentato questo libro.

mercoledì 23 ottobre 2013

ruolo dell'infiammazione intestinale nelle patologie

recentemente è stato rivalutato il ruolo dell'infiammazione nelle diverse patologie. Una infiammazione cerebrale è stata riportata essere la CAUSA patogenetica delle crisi epilettiche (primi lavori della "nostra" Vezzani), così come è stata riportata essere responsabile di parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla, etc. Anche l'infertilità o le disfunzioni sessuali sono state correlate ad una infiammazione degli organi sessuali sia maschili che femminili.

Pochi conoscono i lavori di un certo Riazi, che dimostra come una infiammazione intestinale possa migrare su altri organi collegati tra loro dalla membrana mucosale, una nostra seconda pelle interna, o al cervello.
Su riviste del settore Riazi ha riportato che infiammare l'intestino di animali con olio urticante abbassa loro la soglia convulsiva, hanno più crisi se sottoposti a modello sperimentale di epilessia.
Purtroppo lo studio che riporta come avviene la migrazione dell'infiammazione, attraverso le citochine, lo ha pubblicato su una rivista di gastroenterologia, con il risultato che il primo lavoro è stato considerato una curiosità scientifica, mentre il secondo è stato letto da chi si occupa di epilessia in quanto difficilmente leggono articoli della gastroenterologia.

 I lavori di Riazi, insieme ai vari lavori riportanti il ruolo dell'infiammazione nei vari organi, consente una profonda rivalutazione del ruolo centrale dell'infiammazione intestinale. A seconda di dove migra produce sintomi diversi a seconda delle diverse vulnerabilità individuali. Così una infiammazione cerebrale cronicizzata può produrre sintomi differenti come depressione, epilessia, cefalee, dolorosità che dipendono dalle diverse vulnerabilità, ovvero dalla diversa localizzazione delle aree "fragili" cerebrali. Queste dipendono anche dalla genetica, in quanto l'architettura cerebrale si tramanda da genitori a figli come il colore degli occhi.
Gli studi sulla genetica, dove investiamo molti soldi, ci indicano solo queste vulnerabilità, ma se mantengo elevate le  capacità del cervello di mantenere isolate queste aree fragili non avrò la comparsa di sintomi, siano essi attacchi cefalgici, epilettici, depressivi, etc.
Lo stato infiammatorio cerebrale mi riduce la capacità del cervello di auto-ripararsi, ma se riduco l'infiammazione intestinale riduco quella cerebrale, quindi vado ad eliminare la causa non a tentare di ridurre il sintomo.

martedì 22 ottobre 2013

Ridurre i sintomi o rimuovere la causa?

Questa domanda è, a mio avviso, cruciale. Noi, oggi, stiamo molto puntando a ridurre i sintomi più che ad eliminare le cause. Un esempio stupido è che quando abbiamo la tosse chiediamo cosa prendere, per ridurla, non perché tossiamo. Applichiamo questo modo di pensare anche in patologie importanti, ad esempio per il Parkison, che sappiamo dipendere da una scarsa quantità di dopamina, escogitiamo farmaci dopaminergici, in grado di potenziare l'azione della dopamina sui propri recettori, azione che viene studiata su neuroni isolati con quantità di farmaco per un solo neurone superiore a quello che sappiamo arrivare in tutto il cervello, quando assunto oralmente. Arriviamo a proporre trapianti di neuroni dopaminergici, anche qui registriamo una elevata risposta al placebo, che è l'intervento simulato!
Un lavoro su Science riporta che l'andamento clinico correla con la quantità di dopamina effettivamente rilasciata indipendentemente se è stato somministrato il farmaco, il placebo, effettuato l'intervento chirurgico vero o simulato.
Eppure sappiamo che la dopamina cerebrale è sintetizzata unicamente della tirosina, ammino acido essenziale, captato dal cervello, sappiamo che una flora disbiotica decarbossila (distrugge) gli ammino acidi proteici, la tirosina viene trasformata in tiramina.

Nonostante la tirosina sia il precursore della dopamina, noradrenalina e adrenalina NON CI SONO studi sui livelli di tiramina nel parkinson (dopamina), nelle demenze (Noradrenalina), nell'epilessia e depressione (noradrenalina) e nell'astenia (adrenalina).

Troviamo scritto che il paziente Parkinsoniano è astenico perchè trema!!! Non perché essendoci poca tirosina cerebrale sarà ridotta ANCHE la sintesi di adrenalina. La depressione nel Parkinson viene considerata una co-morbidità, così come la riduzione delle funzioni cognitive, non le associamo alla evidente riduzione ANCHE della noradrenalina.

Eppure lo stesso Mr Parkinson, nel suo lavoro originale, riferisce che tutti i suoi pazienti presentavano disturbi gastrointestinali, come ancora oggi.

Così come l'annoso dilemma delle cefalee nell'epilessia, della depressione (maggiore) nell'epilessia. Se un paziente è epilettico, cefalgico, depresso sarà in cura da 3 specialisti, ognuno dei quali cercherà di ridurre i "suoi" sintomi, ma non vedranno la causa comune, anche se avranno letto come fosse una curiosità scientifica del ruolo dell'infiammazione cerebrale nella causa patogenetica della "loro" malattia.

Se il paziente riferisce disturbi intestinali sarà inviato dal gastroenterologo, in quanto non di interesse da parte dei neurologi.

giovedì 17 ottobre 2013

perchè questo libro

questo libro nasce come desiderio di realizzare schede ad uso personale per fissare i tanti concetti che nel corso di questi 10 anni hanno rivoluzionato il mio modo di pensare.

La mia carriera di ricercatore è iniziata nel 1981 studiando metodi di veicolare farmaci al cervello, e li somministravamo iniettandoli in peritoneo di ratti. Un nostro sistema veicolante il GABA è stato poi studiato nell'uomo, somministrandolo oralmente! allora non mi rendevo conto dell'assurdità di tale approccio e, devo ammettere, di averci messo molto tempo, ma la mia laurea in Chimica mi faceva presupporre che i medici sapessero come funziona l'intestino. Solo grazie al mio Serplus, ho scoperto che è assai diverso da un sistema postale svizzero. Sono stati anni di estrema fatica di studio intenso che mi hanno portato a considerare un ruolo centrale dell'intestino. E' stato come risolvere un immenso puzzle, dopo che ho spostato l'intestino al centro, le tessere hanno iniziato ad andare a posto da sole.

Anni fa l'Elsevier mi ha proposto di scrivere un libro, di almeno 100 pagine e lo avrebbe pubblicato in 20 giorni dal ricevimento del materiale, ma non ero ancora pronto. Era il periodo in cui "scoprivo" il ruolo dell'infiammazione che altro non è che il modo di comunicare tra i nostri organi.

Al momento dell'iscrizione all'Università ero indeciso se fare Fisica o Chimica, se avessi fatto Fisica avrei scelto la fisica delle particelle, nel mio piano di studi di Chimica, ad indirizzo chimico fisico, ho sostenuto l'esame di fisica dei neutroni.

Sapevo, quindi, che la fisica dei sistemi complessi insegna che le relazioni tra le parti generano nuove proprietà non riconducibili alle singole parti.

Quindi la comunicazione tra gli organi genera nuove proprietà non capibili studiando i singoli organi avulsi come se fossero avulsi dal corpo umano.
Questo è stato il mio nuovo approccio, un progetto ben più ambizioso di quello di essere riuscito ad individuare una terapia antiepilettica così interessante da coinvolgere anche il presidente dell'ILAE.

Da giovane ho praticato sport molto faticosi, e poco remunerativi, dall'alpinismo, al ciclismo, al canottaggio, si vede che è mio destino faticare, così nella ricerca.

Il mio attuale progetto è più faticoso della salita più difficile che ho effettuato sul Monte Bianco, e della salita più ripida che ho fatto in bici, ma ho scalato vie impegnative del Monte Bianco e sono  salito con la bici da entrambi i versanti dello Stelvio. Quindi ho imparato ad perseverare.

Il mio libro può interessare a medici disposti ad una revisione critica di quanto hanno appreso nei loro corsi di laurea, e anche ai malati, infatti spesso ho notato come il vivere sulla propria pelle una malattia sia in grado di stimolare acute riflessioni. Il mio libro può aiutare a confermare quello che sia i malati e i pazienti percepiscono, ma non sanno spiegare.

Importanti clinici mi hanno più volte affermato che io dimostravo loro quello che loro percepivano come clinici, ma non erano in grado di spiegarlo.

NANOPARTICELLE E INTESTINO

Oggi viene rivolta molta attenzione a queste microscopiche particelle, ritenute responsabili di diverse patologie.
Certo il prefisso nano- ce le fa immaginare come agenti patogeni microscopici in grado di entrare facilmente nel nostro corpo.
Le dimensioni di queste particelle vanno da 20 a 100 micrometri, le dimensioni dei pori attraverso i quali dovrebbero passare per entrare nel torrente circolatorio sono 0.4 micrometri!
Equivale a dire entrare con l'auto larga circa 2 metri in un garage la cui porta d'ingresso è larga 0.2 metri, ovvero 20 cm.
Certo 0.4 micrometri è la misura dei pori di una membrana gastrointestinale integra, dove precisi ammassi proteici, le tight junction, garantiscono un serraggio stretto delle cellule. Se distruggiamo tali strutture, con l'infiammazione, è evidente che queste dimensioni possono aumentare e permettere il passaggio anche ad agenti che non dovrebbero poter entrare.
E' come passeggiare sotto la pioggia con un ombrello bucherellato, ci si bagna!

PATOLOGIE AUTOIMMUNI e INTESTINO

PATOLOGIE AUTOIMMUNI e INTESTINO

Siamo certi che queste patologie siano dovute ad un sistema immunitario impazzito che attacca i nostri stessi tessuti? Al di la di facili e sciocche considerazioni maschiliste, perchè il sistema immunitario femminile deve essere maggiormente propenso ad impazzire, dato che c'è una maggiore incidenza di queste patologie nelle donne? 
Le terapie immuno soppressive ci permettono la completa guarigione da queste patologie?
Perchè spesso il medico, quando giunge alla diagnosi, scrolla il capo e ammette che si conosce ancora poco su queste patologie?
Siamo sicuri che ci siano poche conoscenze o ci rifiutiamo di rivolgere l'attenzione verso altre direzioni, anche se  ben mostrate dai risultati della ricerca?
Per esempio sappiamo che la produzione linfocitaria avviene a casaccio, non solo verso antigeni non-self presenti nel nostro corpo. E' come se un nostro armaiolo producesse cartucce a caso: a salve (contro il nulla), buone (contro nemici) ed esplosive (contro noi stessi). Poi li testiamo, nel processo di maturazione, e distruggiamo quelli non validi. Beh, come armaioli falliremo presto in quanto distruggiamo il 97% della produzione! Teniamo solo un 3%, il resto lo facciamo fuori inducendone la morte per apoptosi.
L'apoptosi è controllata dal triptofano intestinale. Per esempio la donna lo riduce ciclicamente, al momento dell'ovulazione, per impedire un attacco anticorpale ad un eventuale nuovo feto. Dato che il triptofano è anche il precursore della serotonina cerebrale, a questa diminuzione si accompagnano tutta una serie di sintomi, come dolorosità, irritabilità, etc, che sono molto ben conosciuti con il nome di sindrome pre-mestruale.
Il livello di triptofano viene diminuito producendo una disbiosi intestinale che è responsabile di una eccessiva decarbossilazione degli ammino acidi proteici. Il triptofano viene trasformato in indolo e scatolo che vengono escreti nelle urine.
Se il livello di triptofano è basso, risulta compromesso il lavoro di pulizia degli anticorpi prodotti, cioè non riusciamo a fare fuori tutti i 97 su 100 anticorpi sbagliati che abbiamo prodotto. Ne rimarranno più attivi anche quelli contro il self, con tutte le conseguenze del caso.
Così spieghiamo anche la maggior incidenza di patologie autoimmuni nelle donne, in quanto il loro intestino è più logoro di quello dell'uomo, proprio a causa dell'alternarsi di periodi di riduzione della risposta immunitaria. E' come una molla che può snervarsi. Se poi la donna ha delle gravidanze, queste rappresentano un forte stress intestinale, che, per ricavare più energia dal cibo, arriva ad essere simile a quello RESPONSABILE della sindrome metabolica. Responsabile in quanto se la flora intestinale di animali affetti da sindrome metabolica viene inoculata in animali germ-free, questi si ammalano e mostrano i sintomi della sindrome metabolica.

Allora perché continuare a cercare di fare fuori l'anticorpo "impazzito", con tutte le conseguenze della analoga azione sul sistema immunitario? Quando questo non è impazzito, ma non è stato fatto fuori da un sistema endogeno di controllo, perchè non ripristinare quanto la Natura ha predisposto?
Forse perchè troppo semplice? In quanto è sufficiente ridurre una disbiosi intestinale.

Per i risultati che hanno ottenuto nell'artrite reumatoide con una dieta disinfiammante intestinale, usata nel morbo di Chron, alcuni ricercatori hanno intitolato il loro articolo: "é l'artrite reumatoide una patologia che origina nell'intestino?".
Chiaramente si, come si potrebbe spiegare altrimenti quanto riportato da una metaanalisi che nel sottogruppo di pazienti affetti da artrite reumatoide che hanno avuto pregresse esperienze positive ai farmaci, quindi ben disposti al farmaco, l'83% risponde al placebo?

Questi lavori, come tanti altri, anche se pubblicati su importanti riviste internazionali della medicina convenzionale, vengono considerati semplici curiosità scientifiche, non capaci di farci riflettere se le scelte terapeutiche proposte siano veramente valide o le uniche possibili.